Muoversi 2 2022
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UNA CRISI CHE CI DEVE RIPORTARE CON I PIEDI PER TERRA

UNA CRISI CHE CI DEVE RIPORTARE

CON I PIEDI PER TERRA

intervista a Paolo Scudieri

di Marco D’Aloisi

Paolo Scudieri

Presidente Anfia

Nell’arco di poche settimane è praticamente cambiato tutto. Gli equilibri geopolitici sono saltati e i prezzi dell’energia sono impazziti. Quali sono le difficoltà maggiori che state affrontando?

Con lo scoppio del conflitto Russia-Ucraina – in un momento in cui l’automotive già stava vivendo un periodo di grave shortage e rincari delle materie prime, oltre alla crisi logistica e al caro-energia – abbiamo assistito nuovamente a delle interruzioni nella catena di fornitura che hanno determinato rallentamenti e blocchi nelle filiere produttive.

Numerosi costruttori sono stati costretti, fin dai giorni successivi, a chiudere i propri impianti nella regione interessata dal conflitto e poi, ad aggravare la situazione, i componenti fondamentali per le catene di montaggio provenienti dal territorio ucraino hanno iniziato a scarseggiare.

Uno dei problemi maggiori è la carenza di cablaggi provenienti dall’Ucraina – una vettura mediamente ha bisogno di circa 5 km di cavi – dove sono concentrate una decina di multinazionali specializzate in questo tipo di produzione, che approvvigionano soprattutto i costruttori tedeschi, al momento ferme o in attività a ritmi ridotti.

A cascata, si è verificato un rallentamento nelle forniture e la chiusura degli stabilimenti in Germania, Porsche e Volkswagen in primis. E c’è stato un impatto anche sulla componentistica italiana, visto che molti player del nostro Paese lavorano con produttori tedeschi (la Germania è il primo Paese di destinazione dell’export della nostra componentistica, per un valore di oltre 4 miliardi di euro l’anno).

Prima del conflitto era opinione diffusa tra gli esperti e le associazioni automotive che la crisi dei semiconduttori e, in generale, della produzione si sarebbe calmierata nella seconda parte dell’anno. Adesso, inevitabilmente, con il conflitto, i tempi si dilateranno.

Sono previsti cali di fatturato nell’ordine del 15%-20% per le aziende automotive che hanno una parte significativa del business proveniente dalla Russia.

Bene la misura del credito d’imposta per sostenere l’acquisto di GNL, ma occorre valutare l’impiego di ulteriori fondi, per evitare che le risorse si esauriscano a breve. Poniamo, inoltre, l’attenzione sul possibile stop nella produzione di Adblue, che comprometterebbe l'utilizzo di oltre 5 milioni di veicoli in circolazione

Come giudica l’operato del Governo sinora?

Il Governo italiano, proprio in considerazione dello stato dell’arte, ha messo in piedi una task force del Ministero dello Sviluppo economico per la gestione delle problematiche industriali derivanti dal conflitto, così da supportare le aziende in questa difficile fase del mercato. Come ANFIA abbiamo apprezzato anche i primi interventi messi in campo con il “DL Energia” per le misure congiunturali e strutturali. Riteniamo opportuna un’accelerazione delle tempistiche di attuazione e la semplificazione nella modalità di accesso alle misure. Bene la misura del credito d’imposta per sostenere l’acquisto di GNL, ma occorre valutare l’impiego di ulteriori fondi, per evitare che le risorse si esauriscano a breve. Poniamo, inoltre, l’attenzione sul possibile stop nella produzione di Adblue, che comprometterebbe l’utilizzo di oltre 5 milioni di veicoli in circolazione.

Infine, accogliamo con favore anche gli interventi del “Decreto Taglia prezzi”, focalizzato sulle misure di contenimento dei prezzi dell’energia e dei carburanti e sul sostegno alle imprese più penalizzate.

La Russia è uno dei principali esportatori di materie prime essenziali per l’industria automotive, come ad esempio alluminio, palladio, cobalto e nichel. Siamo in grado di sostituirle con altri fornitori, e con che costi, o siamo troppo dipendenti? 

Materie prime di vario tipo vengono estratte in Russia e Ucraina, ad esempio il gas neon, componente fondamentale per l’assemblaggio dei microchip, e il nichel, che per il 10% proviene dai territori interessati dalla guerra e che serve per la produzione delle batterie dei veicoli elettrici. Oppure, ancora, il palladio e il platino, due materiali essenziali per produrre le marmitte catalitiche, e il nero carbone, necessario nel processo di costruzione degli pneumatici. Ora le forniture scarseggiano o si interrompono e a questo si aggiunge un fenomeno inflattivo per quanto si riesce ad importare dalla Russia. Anche metalli come il litio, il cobalto e il rame sono fondamentali nella produzione delle batterie. I player europei stanno cercando di trovare altre soluzioni a questi problemi di approvvigionamento, ma per creare un’industria alternativa serve tempo, minimo mesi.

In questi ultimi anni l’Europa ha smesso colpevolmente di preoccuparsi di industria e sicurezza energetica. Si sono susseguite indicazioni sempre più vincolanti a mondi produttivi e cittadini sui comportamenti ritenuti adeguati e giusti solo in ottica ambientale. Scelta consapevole o necessità?

La riduzione dell’impatto ambientale delle attività produttive e della mobilità fa parte delle azioni che dobbiamo intraprendere sia per scongiurare i rischi del cambiamento climatico – abbattendo le emissioni di gas climalteranti – sia per migliorare la qualità dell’aria delle nostre città. Per stabilire un indirizzo normativo efficace per il raggiungimento di questi obiettivi, tuttavia, occorre considerare tutti gli attori in gioco e tutti gli aspetti della questione, seguendo un approccio olistico-sistemico, e, quindi, anche definire adeguate politiche industriali ed energetiche, impegnandosi a mantenere un tessuto industriale europeo competitivo a livello globale.

La strategia delineata con il Fit for 55 è ancora valida o va ripensata?

Come ANFIA già prima del conflitto avevamo avanzato una serie di osservazioni e proposte emendative al pacchetto “Fit for 55” – in linea con gli obiettivi complessivi di decarbonizzazione – per assicurare alla filiera produttiva automotive un percorso realisticamente realizzabile e una fondamentale attenuazione degli impatti sociali ed occupazionali: ripristino del principio di neutralità tecnologica al posto dell’esclusività attribuita alla tecnologia elettrica per il raggiungimento degli obiettivi; invarianza degli attuali obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 per auto e veicoli commerciali leggeri previsti al 2025; mantenimento della differenziazione dei target per le autovetture e i veicoli commerciali, in considerazione delle specificità tecniche e delle differenti missioni; vincolo dei futuri target di riduzione delle emissioni di CO2 per autovetture e veicoli commerciali leggeri al raggiungimento dei target in capo agli stati membri per lo sviluppo di una infrastruttura di ricarica diffusa e adeguata in relazione al numero di veicoli circolanti a basse emissioni; per le auto, proposta di un target al 2030 del -45% e della definizione dei target al 2035 ed al 2040 in occasione della revisione del 2028, così da poterne valutare la fattibilità in base allo stato di avanzamento della rete infrastrutturale e della risposta del mercato e del livello di penetrazione della quota rinnovabile nel mix energetico europeo; per i veicoli commerciali leggeri, proposta di un target del -40% al 2030, del -70% al 2035 e del -100% al 2040.

Come accaduto per la pandemia, anche il conflitto Russia-Ucraina, in quanto improvviso fattore destabilizzante per le dinamiche e gli equilibri delle filiere produttive internazionali, ci invita a riflettere sulla necessità di elaborare in anticipo strategie e piani che ci permettano di gestire simili situazioni di crisi

Quale lezione possiamo trarre da quanto sta accadendo?

La guerra sta obbligando i Paesi a ripensare molti aspetti delle proprie economie e a ripensare la globalizzazione – si torna a parlare di economia di prossimità e di reshoring – con un impatto sul modo di vivere e di produrre e sul modo in cui il tessuto economico si sviluppa. Come accaduto per la pandemia, anche il conflitto Russia-Ucraina, in quanto improvviso fattore destabilizzante per le dinamiche e gli equilibri delle filiere produttive internazionali, ci invita a riflettere sulla necessità di elaborare in anticipo strategie e piani che ci permettano di gestire simili situazioni di crisi – per esempio potendo contare su catene di fornitura alternative – lasciando quindi più spazio all’analisi e alla gestione dei rischi in ottica di business continuity.